La storia della Chiesa di Sant’Alfonso Maria de Liguori

Un breve viaggio nella storia della Parrocchia di Sant’Alfonso Maria de Liguori, dell’area di Monteleone e del Castello è stato compiuto, ieri sera, nel convegno organizzato nell’ambito della Visita Pastorale del Vescovo di Pozzuoli. “Sant’Agostino pronunciava spesso una frase – ha ricordato Monsignor Gennaro Pascarella Noi viviamo contemporaneamente 3 tempi: il presente del passato che è la storia, il presente del presente che è la visione, il presente del futuro che è l’attesa. In quest’incontro li abbiamo vissuti tutti e ora abbiamo diverse attese, in particolare per l’ulteriore crescita della comunità, del Castello e della Chiesa”. Sulla storia di quest’ultima e della zona, un libro è stato scritto da Fabio Cutolo (responsabile archivio D’Ambrosio della Diocesi flegrea) che, con l’ausilio di slides e foto, né ha illustrato le parti salienti. “Nel 1227 Federico II venne a Pozzuoli per riprendersi dalla pestilenza che colpì la sua nave che doveva partire per la crociata. Si innamorò della foresta di Quarto e decise di costruirvi una residenza per la caccia e per il sollievo. All’interno vi realizzò una cappella”. Solo nel XVIII secolo fu eretta la Chiesa che ha tanti momenti in comune con Santa Maria Libera Nos a Scandalis e con la disputa tra la Diocesi flegrea e quella di Napoli per il controllo di essa. Il 3 gennaio 1883 il Vescovo puteolano prese possesso della Chiesa Santa Maria e di alcune cappelle tra cui quella di Marano che era sempre tutt’uno con il castello. “L’8 giugno 1945 il Vescovo Alfonso Castaldo decise di promuoverla a parrocchia e, quindi, avere la cura delle anime celebrando i sacramenti. La struttura era, però, fortemente condizionata dai danni provocati dalla Seconda Guerra Mondiale. Furono svolti dei lavori ed altri, anche di restauro, furono eseguiti negli anni seguenti in cui ci furono anche diversi furti. Nel 1986 fu trafugata la pala d’altare raffigurante Sant’Andrea Avellino morente e l’Immacolata. L’11 luglio 1995 fu danneggiato l’altare nel tentativo di portarlo via”. Tutti danni che sono stati riparati con l’impegno della Curia e dei sacerdoti che l’hanno guidata mantenendo sempre un forte rapporto con la popolazione che è molto legata a questa Parrocchia che ricade amministrativamente nella competenza di Marano. “Siamo in una zona di confine tra i due comuni – ha sottolineato don Marco MontellaSiamo una realtà dinamica, viva che ha promosso questo forum per riscoprire le radici, quel passato che è utile per capire il presente e costruire il futuro. Siamo partiti da questo libro che è nato casualmente. Nel periodo natalizio, un giorno, chiesi a Fabio di scrivere due righe sulla nostra Chiesa per lasciare una traccia alle future generazioni. Dal suo lavoro di ricerca dall’opuscolo si è passati ad un volume più ampio”. Un tomo ricco, completo, interessante così come l’excursus storico sul castello esposto dalla dottoressa Stefania Persico. “Federico II fece abbattere gli edifici a suo giudizio abusivi del Mezzogiorno per costruirne altri nei punti che riteneva strategici per il controllo del territorio, tra cui questo dal quale aveva una visuale molto ampia sia verso nord sia verso sud. Alla sua morte la struttura fu distrutta dal popolo. Carlo I d’Angiò la ricostruì imponendo gabelle supplementari ai maranesi confermando il divieto di pascolo e semina nell’area. Lui lo abitò per circa 6 mesi nel 1278 (prima del completamento del Maschio Angioino)”. In quella circostanza costrinse 60 famiglie a trasferirsi qualche km più lontano e ciò determinò la nascita della frazione di San Rocco. Con la dominazione aragonese il castello visse un periodo di decadenza perché era usato solo come abitazione per gli ufficiali. L’abolizione dei divieti innescò un miglioramento dell’economia locale. In tutti questi passaggi il sito ha avuto delle evoluzioni strutturali rivelate dall’architetto Antonio Guarino. “Oggi ha caratteristiche fortemente rurali e non dà l’immagine di fortezza che aveva nel passato. Si caratterizza per la facciata rivolta verso il mare e per le torri più alte di almeno 3 metri rispetto alle mura. Tipico delle costruzioni federiciane era la collocazione sugli angoli delle finestre. Oggi l’unica rimasta è nella zona orientale. In un angolo c’è pure l’unica volta a crociera del piano terra”.

 

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