L’arte musicale di Andrea Tartaglia

Non c’è che dire. Un tipo particolare Andrea Tartaglia, protagonista della lotta contro la discarica al Castagnaro, sensibile a ciò che gli sta intorno, pronto con la sua musica a sostenere le battaglie che ritiene giuste. Giovane (classe 89) e bello, da un palco raccontava di quanto quel luogo gli avesse regalato, descrivendo il passaggio delle lucciole nelle notti d’estate. Anche le sue canzoni più ironiche ti portano comunque a una riflessione. Lo si può ascoltare ovunque. Con le sue parole ti trasporta in un luogo diverso, lontano, ancestrale, ti perdi negli occhi di chi come te lo ascolta e tieni impressi quei ricordi intrecciati indissolubilmente alle sue canzoni. Questa è arte.
Quando nasce questa tua passione? “Sin da piccolo mi sono sempre divertito con la musica. Con alcuni amici avevamo una radio e ci divertivamo a fare le parodie. E’ stata una crescita molto naturale. Verso i 20 anni ho pensato di esprimere una parte di me più profonda. Ho iniziato a suonare la chitarra ed a comporre brani. Poi verso i 23 ho cominciato ad esibirmi. Il mio debutto in pubblico è stato al Foja’s (a Pozzuoli), ma non c’era un vero e proprio progetto. Proposi soprattutto delle cover. In realtà il primo live “Andrea Tartaglia” è stato Al jolly Roger che ora ha cambiato gestione“.
Come definiresti il tuo genere? E chi sono gli autori che ti hanno ispirato? “Non saprei come definirlo. Non mi soffermo su uno, mi piace cambiare. Attualmente sto delineando dei sound che mi appartengono più degli altri. Sono sicuramente influenzato tantissimi artisti, in particolare da quelli napoletani come i 99 posse, i 24 grana, Marcello Coleman che è cresciuto nelle nostre zone. Mi hanno ispirato anche numerosi artisti esteri. Ho ascoltato un po’ di tutto, rap, jazz, psy trance, l’hard techno“.
Quale collega emergente ci consigli di seguire? “Fra i più giovani Daniele Fatale e Matt Jay. Tra i miei coetanei che però non definirei emergenti ci sono: il gruppo “La maschera”, i Foja, Nicola Caso, Oyoshe, Capone, Daniele Sepe”.
Per quanto riguarda i contenuti delle tue canzoni a cosa ti ispiri? “Sia per la melodia sia per i testi cerco di entrare in alcune zone di me stesso. Ogni frase è la sintesi di un percorso, di un concetto. Anche attraverso la musica cerco un mio ambiente sonoro per potermi chiarire con me stesso anche su eventi esterni, sui fatti che accadano nel mondo, sul male dell’essere umano“.
Lo scenario lavorativo italiano è molto triste. Hai mai pensato di andare all’estero? “Si, diverse volte. Durante alcuni viaggi ho riflettuto su quello che volevo essere e che volevo esprimere attraverso la musica. Adesso ho voglia di stare a Napoli che è molto interessante da vivere perché sta crescendo tanto. Trasferirmi in un’altra città dove tutto quello già c’è non sarebbe interessante perché non lo vedrei nascere“.
Insieme al gruppo “Aneuro” avete partecipato a Casa Sanremo. Quali sono state le emozioni provate? Ci sono aspetti che, invece, non ti sono piaciuti? “E’ un ambiente difficile, poco interessante sul piano umano. Non è il contesto che preferisco, ma sicuramente ci ha dato visibilità. Ci siamo confrontati con un pubblico molto diverso rispetto a quello abituale. Siamo stati apprezzati. E’ stato emozionante suonare con Maurizio Capone, conoscere persone interessanti
Cosa pensi dei talent? “Sono funzionali per far espandere un tipo di cultura musicale che è quella mainstream che ha bisogno di evolversi. Personalmente non ho interesse per quei format televisivi perché non mi stimolano. Circa quattro anni fa fui contattato dal produttore di un’emittente che mi aveva visto ad un concerto, ma non accettai. Anche oggi penso che rifiuterei una simile proposta. In quei contesti si punta a fare musica da denaro. Anche io cerco di mantenermi con quest’arte, però esercitarla solo per guadagnare, senza ispirazione, sarebbe contrario alla mia filosofia. La strada indipendente è sicuramente più tortuosa, però dipende da come ti vuoi arricchire nella tua vita”.
Quali sono invece gli ambienti dove ti esprimi meglio? E qual è il palco che ti ha emozionato di più? “Non ci sono spazi che preferisco. Mi basta una chitarra. La seconda risposta è difficile. Ce ne sono vari. Fra gli ultimi il concerto tenuto a piazza Dante il 7 luglio scorso. Era organizzato da Daniele Sepe per esprimere solidarietà agli operai, licenziati dalla Fiat, che avevano inscenato il suicidio di Marchionne con un manichino impiccato. Era un modo per protestare contro i suicidi dei loro colleghi. Abbiamo condiviso il palco con i più grandi artisti napoletani. C’è stata una forte unione ed è stato molto bello. Piacevoli sono state anche le esibizioni al festival del Pumma rock, al meeting del mare. In genere quando suoni e le persone rispondono alla tua vibrazione, e tu vibri insieme a loro è stupendo ovunque sia”.
Quanti premi hai vinto da solo o con il gruppo? ” Abbiamo vinto davvero tanti contest, alcuni anche inaspettatamente . Tra i più rilevanti c’è il Napoli Green che ci ha permesso di arrivare a casa Sanremo, il jam–camp al meeting del mare, “frequenze mediterranee” in Basilicata, il “Barezzi contest” a Parma. Abbiamo condiviso i palchi con i più grandi artisti partenopei del momento come Avitabile, i 99posse, Coleman, Daniele Sepe, Maurizio Capone. Con alcuni abbiamo anche suonato“.
Hai partecipato alla chiusura della campagna elettorale della coalizione che sosteneva Josi Della Ragione (oggi sindaco di Bacoli). Come mai? Perché ti sei voluto esporre? “Josi ed il suo team meritavano quest’opportunità. Hanno sempre fatto un buon lavoro sostenendo anche lotte a noi vicine, come quella contro la discarica del Castagnaro. Inoltre dare l’occasione a un giovane di esprimersi e costruire il suo ed il nostro futuro è un progetto interessante. Oggi spesso non è data questa chance alle nuove generazioni. La vecchiaia mentale, non l’anzianità anagrafica, preclude queste opportunità.”
Pensi che l’arte debba essere, quindi, anche strumento di denuncia? E di intervento politico? “Esprimere il proprio punto di vista è sempre un atto politico, poi se è anche denuncia è una conseguenza. Io denuncio proprio perché il mio pensiero mi dice che qui c’è qualcosa che non va. La politica fa parte della voglia di comunicare e di dare una virgola a quel futuro che uno si vuole costruire e per stimolare la gente su certe tematiche. Alcuni argomenti sono totalmente allontanati dal dialogo collettivo quotidiano”.
A breve uscirà il tuo primo cd. Qual è il tema? Quali difficoltà hai incontrato? “Il disco si chiama “Per Errore” e già questo suggerisce il nostro metodo di creazione. Essendo autodidatta ho come tecnica l’imparare per sbaglio. Non c’è un filo conduttore tra le canzoni che trattano diversi argomenti. “Abbasc addu me” è incentrata su come il degrado interiore rovina lo spazio esterno, come l’uomo danneggia la natura. “Schizofrenia” ricorda come la pazzia sia solo un’evasione da una normalità prestabilita e se non è deleteria è solo creatività. Finora, nella preparazione ci sono state difficoltà di vario genere. Quelle economiche sono un po’ la radice di tutti i problemi avuti. Non aver soldi mi ha portato a lavorare con persone che hanno messo a disposizione la loro passione che è impagabile, anzi alcune volte dovrebbe essere ricompensata di più. Le poche risorse finanziarie hanno dilatato i tempi, ma abbiamo imparato dai nostri errori”.
Il tema più presente nelle tue canzoni è la natura e la sua magia che cerchi di raffigurare in tutta la sua magnificenza. Quale scenario ti ha ispirato per “So viv”? “E’ nata durante momenti di benessere, di pace interiore che mi hanno portato a vedere le immagini che sono descritte. Per me rappresenta una preghiera: c’è un peso dietro ogni parola. Se colpisce gli altri e si espande è perché c’è un emozione profonda. Tanti luoghi mi hanno ispirato. Scriverla è stato un lungo percorso che non voglio dimenticare“.
Racconti anche di una natura devastata dall’uomo e dalle sue speculazioni. “Ognuno di noi ha uno spirito che tende alla natura che però spesso viene portato, dall’esterno, a tendere contro la propria natura. Da ciò secondo me deriva l’autolesionismo, la depressione, il mal essere interiore, che sono quasi contro natura. Come “so viv” ti dice che quella è la pace, questa pace quando viene minata deve urlare nello stesso modo, allora si giunge a “che la serenità è una forma di protesta. Ognuno di noi però tende al so vivo, nel momento in cui la gente tenderà di più all’essere vita , le cose dovranno inevitabilmente andare meglio”.
Sei stato fra i protagonisti della lotta contro la discarica del Castagnaro, un luogo bellissimo dove sei cresciuto? Cosa ti ha dato quell’esperienza? L’hai vissuta come una violenza da parte di uno stato che vuole distruggere qualcosa che si ama? “Il vero odio l’ho provato in quel momento: essere attaccati in maniera velata, come succede anche quotidianamente, è una tortura lenta, ma più sopportabile. Quando si è attaccati direttamente si sente davvero minata la tua vita nel profondo. In quei mesi si è risvegliato dentro di me qualcosa che già c’era, ma attraverso quell’esperienza si è enfatizzato tantissimo. Mi ha lasciato molto perché sicuramente è stata un brutta vicenda. C’era uno stato che voleva decidere per te, imponendoti una linea. Ci sono state tantissime persone che hanno deciso di imporre la propria volontà e visione. E’ stato un percorso che, partito dal male, è arrivato al bene ed ha permesso alla gente di capire che si può dire la propria. Al Castagnaro c’è stato, e non si può più dire che non è possibile, un modo di per imporre la visione dal basso o la visione dei più, perché a noi viene imposta la visione dei meno”.
La canzone “Nebbia” sembra dedicata a Quarto. ” La mia ispirazione deriva da quello che c’è, che vivo. Paragonare la nebbia che si ha in testa a quella che caratterizza il paese durante i mesi più freddi, è ovviamente una conseguenza di quello che assorbo e che poi emano.”
Abiti al Castagnaro, ma una parte delle tue capacità artistiche le hai espressa alla consulta dei giovani di Quarto. “Mi ha dato tanto. Quando ero più piccolo sono cresciuto insieme a quei ragazzi ed è stata un’esperienza fondamentale. All’inizio erano loro che mi spingevano a suonare alle iniziative che si organizzavano. Sono stato veramente molto stimolato da loro. E’ un organismo importantissimo per incanalare le energie e creare focolai di giovani che costruiscono, che scelgono cosa vogliono dal domani“.

INTERVISTA TRATTA DAL NUMERO DI NOVEMBRE 2015 DEL MENSILE “QUARTO MAGAZINE”

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