Silenzio, solitudine, disgregazione nella società contemporanea

Silenzio, solitudine, disgregazione. Sono i termini che meglio descrivono la società contemporanea. I telefoni cellulari, gli smartphone, i tablet, i social network hanno ampliato i modi per comunicare, ma questo è un dialogo effimero, povero di contenuti significativi. Fiumi di parole che, però, non esprimono quello che realmente provano le persone, soprattutto i giovani. I disagi restano dentro di loro, perché non c’è dialogo vero, costruttivo con gli amici, con fratelli/sorelle, ma soprattutto con i genitori. Essere padre/madre è un ruolo importante, delicato che richiede sacrificio, impegno. Negli adulti non c’è la consapevolezza della rilevanza di questo ruolo e ci si limita all’accudimento primario, al soddisfacimento dei bisogni tramite l’acquisto di beni materiali (tecnologici, abbigliamento, auto, moto, ecc..). Ciò non soddisfa completamente i ragazzi che crescono deboli, angosciati, infelici e iniziano a cercare sensazioni nuove, diverse e, purtroppo, queste sono, sovente, date dall’uso smisurato di sostanze alcoliche, stupefacenti, fumo e suoi derivati. Si prova lo “sballo” che regala la felicità per qualche minuto, alcune ore, ma poi si torna nella quotidianità e spesso con disturbi, danni al corpo ed alla psiche. E’ uno scenario triste, ma che inquadra bene la società contemporanea che è molto frammentata, consumistica, finalizzata al perseguimento dei propri obiettivi senza tener conto dell’altro, sia vicino sia lontano. Ci sono milioni di singoli che si incontrano fugacemente in tante occasioni, ma non sono una reale comunità. Molti individui che hanno bisogno di valori positivi, sani che devono essere promulgati costantemente ed oltre alle parole servono fatti concreti, modelli puliti, onesti che devono diventare un riferimento per gli altri, per i genitori che non si sentono parte della società, e per i giovani. Tutti devono acquisire un maggior senso di protezione di se stessi, devono imparare, approfondire la conoscenza di certe tematiche che li riguardano. Riscoprire il pieno significato della famiglia in senso stretto ed ampio per aiutarsi vicendevolmente, ascoltarsi, parlare per scoprire i disagi, le carenze di affetto che, poi, possono sfociare in atti inconsulti, tragedie. Diverse stanno accadendo nelle discoteche che sono il “tempio dello sballo” e non più della musica, del ballo. Cresce troppo velocemente il numero delle vittime ed ogni volta si pensa solo a cercare il colpevole, senza chiedersi perché si ricorre all’assunzione di queste sostanze. Sono sempre nuove quelle immesse sul mercato per attirare la massa che non ha la giusta personalità per dire “no, preferisco divertirmi in maniera pulita, sana”. Maggiori indicazioni in tal senso devono arrivare dalle istituzioni civili, dalla Chiesa, dalle associazioni che devono fare uno sforzo in più verso la collettività che non deve limitarsi solo a “piangere” dopo le tragedie. Diverse sono accadute, di recente a Quarto (il decesso di M. E. e di G. P.), paese, dal quale manca da sabato Marco, un ragazzo di 36 anni, noto a tanti perché frequenta la villa comunale, piazza Santa Maria. Alto 170cm circa, capelli castani, barba, è solito passeggiare, canticchiando. Modi gentili non dà sue notizie da quando si è allontanato dal Piazzale Europa (intorno alle ore 21). Alcuni amici lo hanno cercato nei luoghi abituali, ma nulla. Sono giustamente preoccupati ed invitano quanti lo vedessero a contattare Giovanni Sabbatino (al 334 1571814), responsabile dell’associazione di Volontariato Terra Libera Quarto dove il giovane ha, negli ultimi due mesi, trovato accoglienza ed ascolto ed aveva iniziato ad avvicinarsi ad un percorso di recupero dall’abuso di sostanze.

 

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