Spontaneamente, venerdì 6 marzo 2015, don Gennaro Pagano, direttore del Centro Educativo Diocesano Regina Pacis mandò questa lettera che, a distanza di 29 mesi (quasi 2 anni e mezzo esatti) risulta molto valida in diversi punti (evidenziati in grossetto ed in azzurro)
Carissimo Andrea,
mi permetto di scriverti perché ti conosco da quando sono arrivato qui a Quarto, con il mandato del Vescovo che mi chiedeva di mettere su un Centro Educativo capace di divenire un riferimento per la nostra Diocesi e magari anche per altre zone più lontane. Grazie all’aiuto dei confratelli con cui vivo, dei collaboratori più stretti e dei volontari che quotidianamente ci aiutano posso dire, dopo circa tre anni, che questo desiderio del nostro Vescovo si sta realizzando, in continuità con l’Opera fondata da Padre Pippo Russo negli anni ’70. Grazie anche ai numerosi spazi che abbiamo non sono mancate le persone e i gruppi che, in questi anni, sono venuti per qualche giorno nel nostro Centro. Gruppi e persone che sono destinati ad aumentare con l’apertura del complesso parrocchiale che probabilmente sarà elevato a santuario diocesano. Da noi sono venuti gruppi da tutta la provincia di Napoli. Studenti dell’università di Bologna che vengono ad effettuare qui stage formativi e tirocini ( non solo per qualche giorno ma anche per mesi). Gruppi di giovani provenienti da Milano per vivere esperienze di fede e di formazione. Comunità educative che dalla Sicilia, anche un po’ per confrontarsi, sono venute qui da noi. Ed in ultimo tra qualche ora arriveranno qui circa quaranta giovani di una parrocchia romana per vivere un’esperienza di silenzio e di preghiera. E in agenda ci sono prossimamente esperienze di gruppi giovanili di Firenze e altri di Varese.
Ti starai chiedendo il motivo di questa comunicazione. Vengo al sodo: ogni volta che questi gruppi vengono a trovarci provo un senso di rabbia e di vergogna per le condizioni in cui troveranno questo territorio, periferia nella periferia. È vero, non siamo certamente al centro della città, ma credo che Quarto, non per potenzialità, ma per come è attualmente organizzata abbia la capacità di “attrarre” numerose persone da altre regioni di Italia. Per quello che ne so (e potrei sbagliarmi e in tal caso le mie scuse sono anticipate) questa se non l’unica è una delle poche strutture capace di farlo e andrebbe valorizzata come bene comune (forse è chiedere l’impossibile?). Cosa trovano i nostri ospiti quando arrivano?
Troveranno immondizia su immondizia, buche su buche, monumenti archeologici “visitati” esclusivamente dai rifiuti, pali della luce che aspettano una ventata per cadere e fare gravi danni, fogne che stentano a realizzarsi, strade senza illuminazione e completamente abbandonate dall’amministrazione e rovinate dall’inciviltà di qualche cittadino.
Da qualche mese ho la residenza a Quarto. Come cittadino mi vergogno e mi arrabbio per lo stato di questa mia città. Come cittadino mi vergogno e mi arrabbio per come è stata ridotta dagli amministratori e dai tecnici passati e presenti. Come cittadino mi vergogno e mi arrabbio per l’omertà passiva e per l’individualismo ignorante che caratterizza il pensiero comune di molti miei concittadini che vivono la vita curandosi solo della loro “roba”, quasi come se Verga li avesse conosciuti per scrivere la sua omonima novella. Mi vergogno e mi arrabbio per dover attendere l’allaccio dell’acqua per un contatore autonomo, da mesi, senza risposta, come se vivessimo in un comune in cui la civilizzazione è ancora in corso (i romani ci mettevano molto di meno). Mi vergogno e mi arrabbio perché in questa città la camorra si respira e si respirerà sempre fino a quando non si avvertirà che il problema di uno è il problema di tutti: il buon don Milani diceva che “il problema degli altri è uguale al mio. Sortirne tutti insieme è la politica. Sortirne da soli è l’avarizia” e a Quarto evidentemente di avarizia ce n’è molta.
Mi vergogno e mi arrabbio a nome delle molte persone per bene che incontro tutti i giorni nelle parrocchie o per strada, che sono stanche e sfiduciate e a cui viene l’allergia solo a guardare i volti dei politici che ora si stanno affacciando sui nostri muri. Mi vergogno e mi arrabbio perché vedo la passività di tanti che stanno lasciando in eredità ai propri figli molti terreni, forse qualche soldo e qualche appartamento, ma certamente un paese orribile, brutto, deficitario, camorrista. Si perché quando i diritti divengono favori, quando l’aver fatto il proprio dovere viene fatto passare per un gesto benevolo di simpatia e clemenza allora la camorra regnerà sempre su questa città. Oggi i Polverino. Domani qualcun altro. Oggi mangiando sull’urbanistica. Domani inventandosi magari la bonifica dei terreni su cui vi sono i rifiuti gettati qualche anno prima. Oggi attraverso l’apertura continua di sale giochi e di macchinette slot posizionati in numerosi bar (sarebbe molto bello disertare le strutture che li espongono) e domani attraverso un altro affare che senz’altro potranno realizzare perché il terreno culturale oggi è fertile solo per una cosa: la camorra. Dimostratemi il contrario. Ma non a parole, con i fatti. E sarò felicissimo di ricredermi.
Ti prego di accogliere questo sfogo che esprimo come un semplice cittadino e di divulgarlo. Chiunque fosse interessato a parlarne mi troverà disponibile.
La redazione di Risonanze Mediatiche comprende, condivide e sottoscrive la lunga riflessione di don Gennaro Pagano.
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