La libertà di espressione è uno dei diritti riconosciuti dalla Costituzione Italia (art. 21), dalla Carta Europea (art. 11) e dalla Dichiarazione Universale dei Diritti Umani (art. 19), ma purtroppo non sempre è garantita, rispettata. Ciò danneggia i cittadini comuni, ma soprattutto i giornalisti che subiscono violenze ed abusi al fine di “oscurare notizie utili” per i residenti, “ma sgradite al potere, alla mafia, ad altri gruppi criminali. Questi fatti si verificano in massima parte in paesi come l’Italia, non nelle zone di guerra. Molte intimidazioni non sono denunciate, raramente i colpevoli vengono individuati e puniti, a causa del clima di intimidazione, di inadempienze e di leggi arretrate”. “Al Senato è stata approvata una norma che inasprisce le pene per la diffamazione contro il governo nazionale e quelli locali – evidenzia Gerardo Ausiello (consigliere nazionale FNSI) – Se passerà anche alla Camera diventerà effettiva e rappresenterà un altro punto a sfavore della nostra categoria. Pur conoscendo da anni la democrazia l’Italia scivola sempre più giù nella classifica della libertà di stampa per la mancanza di tutela del settore. Il clima è brutto, le minacce sono in aumento”. Una strategia della paura per contenere quei reporter che, con sprezzo del pericolo, raccontano i fatti, soprattutto quelli più cruenti di cronaca nera o giudiziaria. Sono ormai quotidiane le ufficializzazioni di nuovi indagini che riguardano i rifiuti, gli appalti, le estorsioni, le partite di calcio truccate, la prostituzione, l’immigrazione clandestina. Un menù ricco e che coinvolge diverse zone dello stivale. “Nel nostro comprensorio cerchiamo di fare sistema contro la camorra, la mafia ed i colletti bianchi – sottolinea Gino Conte (presidente dell’Assostampa flegrea) – Teniamo accese le luci dei riflettori nonostante le denunce che non ci indeboliscono. Ci sono colleghi che lavorano bene, con attenzione, vivendo i territori e guardandoli con un occhio particolare. Alcune difficoltà sono generate anche dalle pubbliche amministrazioni che non comprendono, o cercano di non capire, il nostro ruolo che non è strumentale. Siamo un partner, non un nemico da combattere, da tenere fuori dal palazzo”. Purtroppo certe verità scottanti, forti fanno paura, meglio sminuirle, nasconderle, magari accontentando il potente di turno, la persona che può fare regali, aiutare. Essere liberi, indipendenti, neutrali, onesti costa, ma è bello, emozionante. Il nostro riferimento sono i lettori che sono i destinatari di quest’attività. “L’informazione è la linfa che permette alla società di funzionare nell’interesse del cittadino – ricorda Alberto Spampinato (direttore di Ossigeno per l’informazione) – Dal 1960 ad oggi 11 giornalisti sono stati uccisi in Italia, ma tanti sono quelli minacciati, ma sono invisibili perché non se ne parla. Far conoscere le storie dei defunti serve a sensibilizzare su questa professione e sui pericoli connessi. Come al pompiere non si può dire di non gettarsi nelle fiamme per spegnerle così al reporter non si può chiedere di non scrivere su determinati argomenti”. “Non c’è peggior notizia di quella che non viene scritta – rilancia Ottavio Lucarelli (presidente dell’Ordine dei Giornalisti della Campania) – Il nostro compito è divulgarle tramite tutti i mezzi possibili ed essere attenti, vicini a territori particolari come questi. La criminalità si rigenera ed i nuovi capiclan sono più aggressivi dei precedenti” e lo scenario si complica per la parte sana della popolazione. Quella rappresentata anche dai giovani dell’Istituto Montalcini e della scuola Gobetti che hanno assistito al convegno, tenutosi questa mattina nell’aula consiliare di Quarto, in cui sono stati ricordati i 28 giornalisti uccisi nell’adempimento del loro dovere. Tra questi anche Peppino Impastato (cui è intitolata la sala consiliare locale) ed il napoletano Giancarlo Siani. L’auspicio è che le parole ascoltate abbiano fatto breccia nel loro cuore invogliandosi ad essere protagonisti positivi della società.
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