Sarà presentato domenica (ore 20) il libro “Santa Maria Libera Nos a Scandalis. Mille anni tra storia e fede” di Fabio Cutolo. Insieme all’autore saranno presenti Monsignor Luigi Longobardo (vicario episcopale per la cultura della Diocesi di Pozzuoli), don Gennaro Guardascione (vicario foraneo), don Antonio Petracca (parroco), il dr Antonio Ferro, l’archeologo Marco Giglio, la professoressa Lina Bancale (presidente della Proloco Quarto Flegreo Santa Maria che organizza quest’incontro insieme alla Parrocchia).
Il convegno è moderato dal giornalista Ciro Biondi.
Prevista anche una degustazione del piatto tipico contadino “a’ marenn” (acqua di fagioli lessi, pane e olio, spezie contadine), di pasta e fagioli con sugna nel rispetto della tradizione contadina e di vini della cantina Quarto Miglio).
Curiosità sull’opera sono contenute nel numero di “Quarto Magazine” attualmente in edicola. Sul numero, invece, del settembre 2015 ci fu una prima intervista
La Chiesa Santa Maria Libera Nos a Scandalis è il luogo di culto principale di Quarto Flegreo ed anche uno dei siti più importanti presenti su questo territorio. Ha una storia lunga, interessante, particolare che è stata raccontata nei volumi scritti da Rosario Di Bonito, Fulvio Uliano (presidente del Gruppo Archeologico Flegreo Theodor Mommsen), Giacomo Di Maria (sacerdote e storico). E’ stato completato il libro di Fabio Cutolo. “Sarà uno studio diverso dai precedenti perché – rivela – ho ricostruito la storia dell’edificio sacro dalla sua fondazione ad oggi. Tutto partendo da fonti d’archivio (documenti reperiti tra gli archivi storici delle Diocesi di Pozzuoli e di Napoli e dell’Archivio di Stato di Napoli). Una ricerca durata tre anni per fornire informazioni precise, chiare, dettagliate. L’opera vuole essere una sorta di “pro-memoria”. Voglio che i fedeli locali sappiano che i loro avi hanno lottato per questa chiesa e l’hanno restaurata innumerevoli volte, fino a ricostruirla! E oggi non saremo da meno! Anche se non abito più a Quarto quel luogo di culto ha rappresentato molto per me. Tornerà a splendere!!”. Come migliaia di cittadini ha trascorso tante ore in quell’aula liturgica e nelle sale laterali. Una struttura che fu eretta tra il 1227 ed il 1243, anno della dedicazione che è riportato su una lapide oggi dispersa, ma ci sono documenti che certificano tutto. “Nel 1888, durante il VII Sinodo della Diocesi di Pozzuoli fu elevata a Parrocchia (ovvero, luogo preposto alla cura delle anime e, quindi, alla celebrazione dei sacramenti) – ricorda – Già nel 1876 il Vescovo De Vivo fece istituire il fonte battesimale perché raggiungere la Parrocchia di riferimento, ovvero, quella di San Giorgio a Pianura era difficile, complicato, soprattutto in inverno perché la strada era alpestre, impervia. Fu anche creato un registro locale (il primo bambino battezzato fu Sabatino Baiano il 3 giugno 1876). Fatti che dimostrano la grande fede della collettività, la voglia di avere una propria Parrocchia”. Un sito di fede che è stato protagonista di una lunga lite giurisdizionale tra le Diocesi di Pozzuoli e di Napoli che se la contendevano adducendo varie motivazioni. Furono coinvolti esperti, Vescovi, reali sino alla sentenza definitiva del 17 giugno 1882 che la assegnò alla diocesi puteolana. “Quel giorno il Vescovo De Vivo era a Roma – prosegue Cutolo – Subito inviò al segretario un telegramma dal contenuto semplice, ma significativo. Seguì una lettera più dettagliata in cui era spiegato anche come divulgare la notizia per non scatenare polemiche, discussioni dato che amministrativamente Quarto rientrava nel comune di Marano (l’indipendenza arrivò solo nel 1948)”. La gioia per questo risultato fu stroncata dalla morte del Vescovo, ma soprattutto dal crollo dell’edificio (nel 1893) che è testimoniato da un articolo pubblicato sul quotidiano “L’Operaio”, ma soprattutto dal verbale redatto dal vicario capitolare (il reggente di una Diocesi durante la “sede vacante”) che descrisse l’atmosfera e lo stato della zona. Il nuovo progetto fu approvato nel 1895 e le prime notizie della Chiesa risalgono al 1899. Con costi elevati (cui contribuirono anche molti fedeli) l’opera fu completata nel 1905. Nuovi cedimenti di minore entità ci furono negli anni ’50, dopo il terremoto del 1960 che lesionò diversi stabili fatiscenti del paese flegreo. “Il volume si conclude con la storia del culto e partendo da una domanda: perché Santa Maria Libera Nos a Scandalis? – annuncia – Ho effettuato una lunga ricerca e altrove esistono nomi simili, ma non uguale a questo che si è composto nei secoli, ma non è quello originale (Santa Maria ad Scandola). Ci sono state tante variazioni documentate e riportate in una tabella che ho elaborato”. Un ulteriore viaggio nel tempo che testimonia l’importanza di questa Chiesa, la centralità nella storia dell’umanità pur trovandosi in un territorio di periferia, oggi un comune come diversi altri. Un luogo di culto che è stato destinatario di due indulgenze plenarie di Papa Urbano VIII, di altri importanti documenti di Cardinali romani e congregazioni. Ha destato l’interesse di re, imperatori tra cui Federico II di Svevia che nel 1227, secondo una leggenda, fu salvato dalle grinfie di una belva feroce dalla Madonna in località SantaMaria qui dicitur “ad Scandola (è questo il titolo più antico risalente al 1013). I Mille anni che sono stati ricordati nel 2013 si riferiscono al culto della Vergine, ma a quell’epoca nonè documentata alcuna cappella, edicola votiva. “Quell’aneddoto innescò la curiosità di don Giuseppe Ferrara e don Vittorio Zeccone che volevano approfondire la questione – rivela – Parlando di quell’episodio pensai di avviare la ricerca di notizie dettagliate. E’ nata così l’idea di questo libro, condivisa con don Antonio Petracca, attuale parroco di Santa Maria. Un testo ricco di fatti, note, ma anche di curiosità, immagini di persone, di documenti originali (con il testo in latino ed in italiano). Posso anticipare che ci sarà anche la piantina attuale con il disegno sovrapposto dell’edificio originario, operazione possibile grazie alla collaborazione degli ingegneri e degli architetti che hanno fatto i saggi per il restauro del complesso. Proprio grazie al loro lavoro è possibile individuare al di sotto della Chiesa attuale, le mura o, meglio, le fondamenta della struttura duecentesca”. Un testo per informare, che sarà presto presentato alla collettività.
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